C’era una volta una bambina sorridente, curiosa e paffutella, senza esagerare troppo. La bimba, spinta da genitori amanti di sudore e tonicità, iniziò a muovere i primi passi nel paese di Sportland prima con la danza (insuccesso), poi con il nuoto e tennis (per i quali era portata ma non troppo) ed infine con la pallavolo (spirito di squadra? Non pervenuto!).
Gli anni passavano e la piccola bimba non aveva ancora trovato uno sport che facesse al 100% a caso suo. I suoi coetanei deridevano le sue guanciotte e la piccola continuava a cercare disperata l’attività fisica adatta a lei. Arrivata alla maggiore età, traumatizzata da esercizi di pilates e e GAG, la ragazza scelse di buttarsi sulla dieta, convinta che l’eliminazione di qualsiasi forma di attività fisica sarebbe stata compensata da un rigido regime alimentare. Piccola illusa.
La svolta avvenne durante un lugubre pomeriggio autunnale. Costretta, molto controvoglia, ad andare in palestra a provare un corso nuovo, qui scoprì l’esistenza del W.T.K.F. che sta per Wing Tiun Kung Fu. Corso che da lì a poco le avrebbe significativamente cambiato la vita. Dopo due lezioni passate ad avere una (piccola) idea di cosa fosse il foot work nel sistema, la ragazza venne presa da parte dai due Sihing (“fratello maggiore” in cinese, indica qualcuno con un grado superiore rispetto al nostro nell’ambito del kung fu) e invitata ad assistere ad una lezione nella Palestra ufficiale AWTKA Bologna (Authentic Wing Tiun Kung fu Assotiation). Le venne inoltre offerto di iniziare un percorso come assistente prima e istruttrice in seguito del corso Kung fu Kids.
In tutti gli anni di sforzi e tentativi di adattamento a questo o quello sport, nessuno le aveva mai dimostrato quanto potenziale avesse dentro di sé né che in realtà fosse l’attività a dover adattarsi a lei, spingendola al cambiamento, al continuo miglioramento e al superamento di limiti mentali talmente radicati da essere praticamente irremovibili. Era tempo di smettere di dire “Basta, io non ci riesco!”.
Ma la lezione più importante che la ragazza imparò da quella sera fu solo una: non esiste arte marziale senza il supporto di Sihing e compagni di corso. Non serve a nulla aver capito come applicare una tecnica se poi non si ha il desiderio di trasmetterla o di condividerla con chi ancora non l’ha ben compresa o non ne ha capito lo scopo. Il gruppo che la ragazza trovò non era solo composto da una dozzina di esseri umani rinchiusi in una stessa stanza a sudare. Lei scoprì di aver trovato una vera e propria famiglia: c’era chi la spronava a dare sempre il massimo, chi a reagire e a rifinire la velocità della propria reazione, e chi ancora l’accoglieva sorridente e sempre pronta e disponibile all’ascolto e a darle consigli e suggerimenti.
Al non-praticante di arti marziali parole come Disciplina, Concentrazione, Duro lavoro, o Dedizione totale possono apparire come vuote e prive di significato. La differenza tra uno sport e un’arte marziale sta proprio lì: pilates, step o esercizi cardio sono movimenti utili ma privi di spessore. Ad ogni movimento del wing tiun corrisponde un principio e uno scopo ben preciso. Citando quanto detto dal mio Sifu (“padre”, è una delle figure più autorevoli ed esperte del sistema): “Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, ma nel wing tiun se non viene aggiunta anche l’intenzione non si conclude nulla”. Apparentemente semplice come concetto, eppure in pochi hanno capito davvero il significato di questa frase.
Le arti marziali si basano su forme e movimenti da utilizzare in caso di un determinato attacco; e questa non è una novità. Karate Kid l’abbiamo visto tutti. Ad affascinare il praticante spingendolo alla totale dedizione per la propria disciplina sono essenzialmente due aspetti: il miglioramento e i risultati ottenuti dovuti al duro lavoro e alla passione (chiamateli passaggi di grado o di cintura, io li definirei più miglioramenti individuali) e la capacità di aver fatto proprio qualcosa al punto tale da poterlo trasmettere ai propri compagni o ai propri allievi. La più grande soddisfazione per un’assistente istruttrice è capire di aver trasmesso non tanto una forma ai propri allievi quanto il proprio spirito e il proprio amore per l’arte marziale, spingendoli alla costanza e alla disciplina.
Il wing tiun, essendo un sistema veramente complesso, spinge l’allievo ad aprire gli occhi, cercando sempre una nuova prospettiva e spingendolo all’adattamento continuo, senza troppo fissarsi su determinati schemi rigidi. Non è detto che esista un’unica tecnica valida per qualsiasi attacco, come non esiste un’unica soluzione per un problema. E’ inoltre un ottimo allenamento mentale, poiché spinge ad applicarsi sempre più e a non dare nulla per scontato. Non esistono piedistalli della Perfezione: un quinto grado sarà migliore di un secondo, ma inevitabilmente non sarà mai veloce come un dodicesimo. L’ego deve sempre essere mantenuto basso, altrimenti non potrà mai esserci alcun miglioramento.
Fra le altre cose, il wing tiun insegna a non intestardirsi con una “forza” superiore alla nostra: a differenza di altri sistemi, in questo l’idea di fare forza contro forza è altamente improbabile; al posto di contrastarla apertamente, la si deve deviare e lasciare andare. Anzi, volendo la si può utilizzare a nostro favore. Il concetto della non-forza può essere applicabile sia ad un pugno di un omone di 100 kg sia a dispiaceri, delusioni e problemi di ogni tipo.
Ci si concentra solo sul QUI ed ORA: non esistono pensieri, distrazioni o preoccupazioni quando si indossano la maglietta e la cintura. La mente è sgombra da tutto, pronta ad adattare il corpo, ricevere e assorbire per poi lanciare indietro quanto ricevuto.
Comments by Alice Minissale