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Il mondo della moda, si sa, va pazzo per i social networks, in particolare per Instagram che, nel giro di così poco tempo, ha conquistato il cuore ( e soprattutto gli smartphone) di fashion insiders e fashion addicted.
Riflettendo su tale fenomeno mi sono domandato quale potrebbe essere l´hashtag “fashion” più digitato durante questa stagione o quale potrebbe essere la parola chiave più in voga sulle bocche di fashion lovers e non solo nei mesi a venire.
La parola in questione è #identità, intesa come personalità ma anche come radici e basi culturali su cui sviluppare un progetto ed un fashion concept. Questo concetto di ´”identità” è stato acclamato e ricercato da giornalisti, buyers, bloggers e fashion addicted ma mai come in questo periodo, pubblico ed addetti ai lavori cercano un punto fermo, una solidità ed una coerenza ideologica in tutti i campi su cui si sviluppa la moda. Ed il motivo di ciò risiede nella sovrabbondanza di professioni e ruoli di cui il fashion oramai è sovraccarico e che rende tutto più confusionario e difficile.
Bloggers, giornalisti, buyers, stylists, pr ecc. ecc. ecc. crescono ogni giorno di numero e ciò rende la moda un mondo molto più intricato rispetto ad altri, soprattutto se lo scopo di tutte queste professioni (come di qualsiasi altro lavoro) è il successo personale ed economico della propria azienda o compagnia. Ma come raggiungere questo scopo tanto ambito?
La formula magica è semplice, basta mostrare e far capire al grande pubblico (e non solo) la propria identità, la propria coerenza di idee ed il proprio pensiero ovvero rendere chiaro il proprio messaggio e contributo che si vuole dare alla moda. Non sembra difficile ma in realtà lo è perché ciò presuppone che, oltre alla buona idea, vi sia la chiarezza nell´esporla ed il rigore, la tenacia e la perseveranza nel seguire il proprio percorso.
Ed i risultati di quei pochi che hanno mostrato la loro identità si sono visti, a partire dalla categoria meno “glamour” della moda: i blogger. L´esempio di fashion blogger che ha portato avanti per oltre 5 anni il proprio credo senza smentirsi, anche a costo di fare delle figuracce plateali è Chiara Ferragni, la fondatrice di The Blonde Salad che, in così poco tempo, ha costruito (con molti aiuti) un impero da 8 milioni di euro l´anno secondo quanto riporta Forbes.
Un´altro caso di successo, ma non nel mondo del blogging, bensì fra i buyers è Finaest.com, il giovane store online italiano nato due anni fa da Andrea Viganò con l´intento di dare spazio a talenti made in Italy. Ora, dopo così poco tempo, Finaest.com conta un vasto numero di marchi (oltre 20), sia di moda maschile che femminile, tutti made in italy e tutti young designers e gli affari vanno a gonfie vele!
Oltre a questi casi di successo italiano, ve ne sono altri, anche all´estero, soprattutto fra i designers britannici. Spiccano i nomi di Mary Katrantzou e Victoria Beckham.
La prima, fin dagli esordi, era stata considerata la regina delle stampe poiché riusciva a creare abiti da sogno grazie alle fantasmagoriche digital prints. Ora è avvenuta l´evoluzione stilistica: le stampe ci sono ma sono più ricercate, quasi nascoste ed ideate con le tecniche ed i tessuti più innovativi in assoluto.
La seconda invece, dal 2009 a questa parte, ha incantato pubblico ed addetti ai lavori per le sue linee pulite e lineari, per gli splendidi tagli dei singoli abiti e per la ricercatezza della propria identità stilistica.
Queste sono tutte storie di successo, ma cosa succede in caso contrario, ovvero se manca un´identità oppure se questa è stata comunicata male? Le opzioni che si possono presentare in queste situazioni sono due: danni economici per il marchio o il fallimento dello stesso. In quest´ultimo caso sono frequenti le nascite (con le relative scomparse) di giovani talenti che, nella loro coerenza stilistica iniziale, non sono riusciti a rinnovarsi pur rimanendo gli stessi.
Interessante in merito al primo punto, invece, è l´articolo di Bridget Foley uscito ieri su WWD e relativo alla mancanza di identità e di riconoscibilità dello stile della moda firmata Gucci.
Proprio questa lacuna ideologica non ha permesso recentemente al grande pubblico di individuare su che stile si concentra l´abbigliamento creato dalla griffe italiana e ciò ha portato Gucci nella situazione di incertezza economica e creativa in cui si trova ora.
Il futuro di Gucci è tutto nelle mani del nuovo direttore creativo Alessandro Michele, ma lo stesso futuro della moda è in mano all´identità ed alle idee che ognuno di noi vuole portare su questo mercato oramai saturo di anonimità concettuale.
Ed è proprio su questo concetto, aggiunto ad un pizzico di modernità e contemporaneità, che sono ispirate la maggior parte delle collezioni primavera- estate 2015 sia maschili che femminili. Della moda maschile di Berluti che si ispira alla Sport-Couture, a quella femminile di Fendi che omaggia le strade di Roma (sede centrale della griffe) a Diane Von Fürstenberg che interpreta il suo iconico Wrap dress.
Le citazioni dei designers al proprio DNA stilistico sono moltissime, poiché oramai, l´avere un´identità da comunicare è diventata vitale per la sopravvivenza sia del marchio che della moda stessa come fenomeno culturale e sociale.
Immagini: Style.com; Gucci Official Website, Finaest.com Official Website
Comments by Ivan Allegranti
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