La sfilata di Dior Couture Spring Summer 2016 era certamente tra quelle più attese del primo giorno di Haute Couture Parigina. Non tanto per l’importanza che la maison riveste quanto per il fatto che è la prima collezione dall’addio di Raf Simons.
Molte erano le perplessità, ma oggi al Museo Rodin sembrava quasi come se Simons non se ne fosse mai andato. La struttura costruita appositamente per la sfilata è un rimando alle strutture futuriste, un gioco di specchi su cui esternamente campeggia il nome di Dior a grosse lettere; era questo lo scopo di Simons ogni volta, ovvero portatore lo spettatore all’interno del mondo della maison, un mondo creativo e accogliente, familiarmente elegante.
All’interno, tra specchi decor, panche in legno dalle linee armoniose e parquet, la collezione di Dior Couture sembra seguire un percorso ben preciso e si pone un obiettivo: essere un ponte tra ciò che era e ciò che verrà.
L’esaltazione della femminilità passa da abiti di pizzo delicato, che sembra essere quasi una seconda pelle sul copro della donna, e un certo grado di sensualità mai volgare viene dato dagli scolli profondi ma armoniosi. Un mix di delicatezza, romanticismo e tristezza.
Il filo conduttore però resta il colore: tra i completi total white o total black, o mixati tra loro, fanno la loro comparsa sprazzi di colori vibranti come il rosso, specie sugli accessori. Le stampe floreali colorano le gonne ricamate e i look catturano lo sguardo per i loro sottili giochi di forme e colori di ogni singola stampa.
La sfilata si conclude con abiti che è difficile non immaginare sui red carpets più prestigiosi del mondo, ma a luci spente resta una domanda: era davvero tutta una collezione da Haute Couture? Quella couture capace di strabiliare con abiti da sogno? Ai posteri l’ardua sentenza, recita il detto, nel frattempo non resta che goderci della magia di Dior Couture, rimpiangendo un po’ Raf.
Credits Immagini: Courtesy of Press Office
Comments by Cristina Izzo