Stando a quanto riportano giornali, secondo opinionisti e attivisti, ma anche architetti, i risultati della COP26, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite tenutasi a Glasgow, sembrano essere piuttosto vaghi e meno ambiziosi rispetto alle aspettative: molte delle promesse e degli slogan si sono diluiti nel corso delle trattative finali.
Resta dunque un interrogativo: gli impegni presi riusciranno ad avere effetti concreti nel futuro prossimo?
Quanto al design, dal prodotto all’architettura, il futuro sarà sempre più punteggiato da materiali bio-derivati e produzioni sempre più sostenibili. L’obiettivo della biotecnologia sarà quello di sviluppare materiali innovativi, a partire da piante, funghi e batteri, al servizio della progettazione.
È il caso della start-up Ottan, che produce rivestimenti per pavimenti realizzati con la struttura resistente dei gusci di noce, pannelli acustici con una superficie simile al feltro sfruttando l’erba. Oppure la nuova borsa di Hermès prodotta da MycoWorks con pellame vegetale realizzato a partire da un particolare trattamento dei miceli.
E poi c’è il caso di Zeefier, un marchio curato dal designer tedesco Nienke Hoogvliet che offrirà coloranti tessili naturali a partire da alghe.
Di progetti come questi se ne sentirà parlare molto: le frontiere del bio-design rappresentano oggi più che mai la sfida per i progettisti del domani.
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