Immenso, sontuoso, fantastico il Victoria and Albert Museum accoglie i visitatori con un’atmosfera unica; in questi giorni poi la stagione culturale dell’autunno/inverno londinese inizia con evento ancora più suggestivo.

Dal 21 Novembre al 28 Marzo si è aperta una splendida mostra “I Tesori di Bejeweled”, un evento che trasporta in una realtà che avvolge, pervade e mette le sue radici nell’animo, un evento che ci fa entrare nel mondo incantato e sfarzoso dell’India, il Paese dai mille volti, dalle mille contraddizioni.

Un centinaio di oggetti spettacolari della leggendaria collezione di Al Thani, emiro del Qatar, ripercorrono i temi della tradizione e della modernità nella gioielleria indiana, dal 16° secolo a oggi, seguendo un percorso strutturato in diverse stanze, dove si snodano i sei macro-temi della mostra.

La magia avvolge immediatamente e già nella prima sala, denominata “Il Tesoro”, l’impressione è quella di aver compiuto un viaggio nel tempo per ritrovarsi realmente nell’incanto di una lussuosa reggia di allora: l’ornamento di un turbante in oro bianco, zaffiri e diamanti, un insieme di collane policrome, con cristalli luminosissimi e smeraldi di dimensioni incredibili, tre diamanti splendidi e rarissimi.

Nella seconda sala, “La corte”, è possibile ammirare oggetti ritrovati proprio nella corte di un antico palazzo abbandonato: vasi con fantasie floreali, strumenti musicali a bocca ricoperti da pietre preziose, un pugnale, uno scettro del 19° secolo e una scatola a forma di quadrifoglio, in giada, oro e rubini.

“Smalti e Gioielli Kundan”, è il nome della terza sezione dedicata alla tecnica del Kundan, la tipica lavorazione indiana dei gioielli che incastonava nell’oro massiccio pietre pregiatissime che, all’epoca, facevano arrivare da tutto il mondo, i diamanti dal Borneo gli smeraldi dalla Colombia, i rubini dalla Birmania, gli zaffiri dallo Sri-Lanka.

Il sogno continua entrando nelle altre stanze “Gli Anni della Transizione”, “Modernità” e “Gioielleria Contemporanea”, dove appaiono le prime contaminazioni europee nei tagli e nell’utilizzo delle pietre sulla gioielleria indiana del 19° e 20° secolo, prima attraverso Cartier, poi con l’ Art Déco del designer francese Paul Iribe.

Ed è ancora un trionfo di meravigliosi bijoux e accessori di bellezza che diventano di uso comune delle nobildonne dai primi decenni del 1900: nove diamanti imprigionati in un ornamento per capelli, un anello a forma di chiave con un grande rubino incastonato, un gioiello per la fronte, orecchini a forma di piccoli lampadari e ancora tre spille disegnate da Cartier.

Gioielli straordinariamente belli e carismatici, perché per gli indiani il gioiello non è solo l’emblema dell’eleganza, è un documento di identità capace di rivelare condizione, spiritualità, appartenenza e anche superstizioni di chi lo possiede.

Certo non è facile togliere gli occhi da questo caleidoscopio di pietre, di riflessi, di colori e ancora più difficile sarà uscire da questa incredibile fiaba indiana e riprendere i contatti con la realtà comunque intensa e bellissima dell’ autunno londinese.