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Si è appena conclusa la mostra Bellissima, un percorso espositivo con una prestigiosa  selezione di abiti, quadri, campionari e interessanti documenti d’epoca allestito nelle raffinate sale del Secondo Piano Nobile della Villa Reale di Monza.

Una narrazione tra moda e società dell’Italian way of lifestyle. L’Italia che nel dopoguerra risorge e ricerca il bello in un intreccio di moda,  arte, cinema, letteratura e design.

Se ve la siete persa, provo a raccontarvela io.

A dare il benvenuto un cappotto Mila Schon ispirato (ed abbinato) ad un quadro Fontana (Concetto spaziale – Attese 1964). Moda e arte hanno sempre rappresentato un binomio vincente: a partire dal famoso abito Mondrian di YSL fino ai mosaici bizantini reinterpretati da Dolce e Gabbana passando tra le tante citazioni che periodicamente ritroviamo in passerella. Ed ecco nell’allestimento “Arti” troviamo abiti dipinti a mano da Paolo Scheggi, il cappotto “Omaggio a Burri”  e l’abito di nastri intrecciati a effetto optical ispirato alle opere di Vasarely.

L’allestimento “giorno”  con tailleur e soprabiti, ci mostra l’eleganza quotidiana dell’epoca, un lusso ricercato e discreto che si esprime nella qualità dei tessuti e nei dettagli delle lavorazioni. Altri tempi, altri standard di eleganza quotidiana.

Atmosfera da sogno per gli abiti “Cinema”, look mitici indossati da grandi star come Ava Gardner, Gina Lollobrigia e Sophia Loren.  Le sartorie romane creavano per le dive del cinema e spesso nasceva un forte legame dove lo stilista si occupava di tutto il guardaroba di un’attrice. Delizioso l’abito Fausto Sarli ricamato con perle, Swarovski e baguette di vetro indossato da Mina durante le riprese di Studio Uno, effetti speciali agli albori del varietà.

Arrivano poi gli abiti da cocktail a sancire una nuova eleganza per occasioni mondane da tardo pomeriggio o mezza sera, meno spettacolari  dei grandi eventi ma comunque da affrontare con il look adatto. L’occasione meno formale e l’avvento dei ’60 favoriscono la creatività e la nascita di nuove linee, anche a favore del confort: tacchi più bassi e la comparsa del pantalone.

Tra i numerosi e interessanti  documenti video, colpisce un’intervista alle sorelle Fontana circa l’introduzione dell’alta moda pronta, una versione  più economica dell’alta moda.  Le stiliste raccontano di come semplificando le linee e producendo molti pezzi siano riuscite a rendere i loro modelli accessibili a più persone.

Il mitico Pigiama palazzo, inventato nel 1959 da Irene Galitzine in collaborazione con Federico Forquet si trova nella sala “esotismi”. Forquet, non molto rinomato in Italia, fu un designer amato da molte star tra cui Jane Fonda e Anita Ekberg, le sue creazioni d’alta moda fecero si che ’’Harpers Bazaar’’  proclamasse: “Il Dior italiano si chiama Forquet”. Il pigiama palazzo segna l’avvento di una moda esotica e colorata ma allo stesso tempo confortevole, introducendo un’idea di lusso rilassato tutta italiana.

L’ultima sala ci proietta in clima a metà tra il Piper Club e i primi film di fantascienza: finiture metalliche, placche in alluminio e disegni geometrici. Abiti spaziali che imposero un’estetica estrema.

Ma oltre ai leggendari look del grande schermo e gli abiti delle star c’è molto di più: nel 1946 su Vogue UK apparse un articolo intitolato “The fine Italian Hand”  nel quale si illustravano 2 grandi vantaggi della moda italiana, ovvero materiali meravigliosi e alta qualità del lavoro manuale.

A testimoniarlo i campionari e le cartelle colore dei produttori tessili storici tra i quali Agnona, Lanerossi, Piacenza Cashmere e Marzotto: un variopinto assortimento di lavorazioni e materiali. Inoltre non mancano alcuni esempi i accessori manufatti di grandissima fantasia e abilità artigianale: i cappelli di Gallia e Peter (in Via Montenapoleone a Milano  dal 1930 è la modisteria della “Milano Bene”), gli spettacolari statement Necklaces di Coppola e Toppo e  i tacchi Frattegiani, vere e proprie sculture in miniatura in metallo, strass, legno e stucco.

Ed è proprio per la bellezza e la ricercatezza dei dettagli e delle finiture che una mostra del genere merita di essere visitata, se ci si ferma a pensare al clima culturale e storico in cui sono nate le idee e il lavoro accurato e paziente che ne ha permesso la realizzazione, emozionarsi è inevitabile.

Prossimo appuntamento in Florida, al NSU Art Museum di Fort Lauderdale, che ospiterà la mostra dal febbraio al giugno 2016.

 

Immagini: Andrea Martiradonna, Filippo Podestà, Ottavia Boscolo