1. 11:35 del mattino, autobus n°37. Fermi nell’immenso parcheggio.

Apre lentamente gli occhi e li richiude, strofina le due mani sulla faccia. Adela de Tuda ha ancora quello sguardo vitreo che ho notato prima, quando era stesa a terra tra fogli sparsi e una folla di soccorritori; eppure, adesso è apparso un guizzo di qualcos’altro, un distendersi di rughe e di tensioni: è più serena.

In effetti, le singolari, rumorose, affollate circostanze della sua mattinata hanno preso una piega decisamente più tranquilla: l’autobus davanti al quale è caduta – io e Mila abbiamo appurato che non ne è stata investita – ha portato me, lei e la rossa in un parcheggio semideserto, circondato da file di alberi, alla fine di una strada tranquilla; dirimpetto, si vedono solo le cancellate del cimitero, le sagome dei cipressi, le guglie luccicanti di marmo dei mausolei monumentali.

  • Signora de Tuda. Si sente meglio?

Mila le prende una mano, con dolcezza.

  • Grazie, cara. Sì, sì… la mia giacca è un disastro, purtroppo! Continuo ad essere un po’ confusa…
  • Non si preoccupi! Boris ha un’idea per aiutarla… vero, Boris?!
  • Ehm, si Mila…
  • Boris!

Adela scoppia a ridere del buffo piglio immusonito di Mila, e lei arrossisce lievemente.

  • Mi fate pensare a qualcosa… o a qualcuno… eppure, non saprei dire a chi! Cosa avete detto che faccio nella vita?
  • Lei è una scrittrice!
  • Giusto… sono una scrittrice; questo spiega il mio spirito di osservazione. Ho notato perfino una cornacchia in cima a quel cancello, guardate: saltella avanti e indietro agitando la coda. Sta aspettando qualcuno? Un fidanzato-cornacchia, forse, o quell’antipatica della sua sorella-cornacchia. Avranno molto da raccontarsi, tra di loro, gli uccelli, tra migrazioni, boschi e città visti dall’alto, e quegli uomini che da lassù sembrano formiche e poi via via, scendendo a terra, diventano colossi…

Mila mi guarda piena di stupore. La natura di Adela sta tornando a prendere il sopravvento?

  • Signora…
  • Chiamami Adela o finirò per dimenticarmi di nuovo il mio nome!
  • Adela, sembrava di sentir leggere un suo romanzo. Io ce li ho tutti, i suoi libri, ci crederebbe?
  • Adesso li ricordi di sicuro meglio di me… Quanti ne ho pubblicati?
  • È proprio questa la mia idea: voglio parlarle di quello che ha scritto, delle sue storie, dei suoi personaggi, dei suoi luoghi: sono sicuro che riavvolgeranno i fili della sua vita.

Annuisce, e chiedo a Mila di passarmi il suo phablet. App di ricerca in rete, l’indirizzo lo digito senza nemmeno guardare la tastiera: #BlogBoris. È lì che ho raccolto le mie recensioni ai libri di Adela.

  • Amore, sei sicuro che funzionerà? Forse, farebbe meglio a farsi vedere da un medico…
  • Sì, Mila: in ogni libro che scrivi c’è una parte di te stesso. Ci sono le tue fissazioni e quello che detesti; chi vorresti essere e chi, invece, non sopporti. Appaiono i posti che hai frequentato da bambino e quelli che immagini per te nel futuro. Ci sono i tuoi genitori, i tuoi amici, perfino le persone di cui hai una scarsissima considerazione. Scrivere è prendere tutta la vita che ti pulsa intorno e comprimerla in parole sulla pagina. Per una scrittrice, questa “cura” funzionerà meglio di qualsiasi specialista.

È Adela ad interrompermi mentre sussurro all’orecchio di Mila.

  • Boris, sono curiosa adesso… vogliamo cominciare?

 

2. 12:50 del mattino, autobus n°37. Il diario della scrittrice senza memoria.

  • E così… i romanzi che ho scritto sono il diario di tutta la mia vita!

Mentre le raccontavo di Respira Profondamente l’avevamo vista trattenere il fiato, saltellare sul sedile; si era commossa ascoltando della morte di Yvonne nel finale di Regina di ogni nostro pensiero ed aveva riso ad ogni capitolo di Certe serate bizzarre sul Nilo, prendendo a cuore le avventure di quello scavezzacollo di Lesto. Ed era capitato che:

  • Io conosco il treno su cui nell’ultima scena sale Corinna: ci ho viaggiato per otto ore, tutta una notte, chiacchierando di vecchie locomotive e terremoti coi miei compagni di vagone!

Oppure:

  • Questo Lesto mi piace proprio! Sapete che l’ho creato pensando al mio migliore amico d’infanzia? Era un tale chiacchierone…

Ed anche:

  • Yvonne è morta dello stesso male che ha colpito una mia zia, quand’ero ragazzina…

Infine:

  • Il Nilo è meraviglioso, davvero. Dovreste andarci. Non scorderò mai la mia luna di miele in Egitto, con quella musica etnica di tamburi in sottofondo, i datteri, i lampioni del lungofiume… aspetta…! “Non scorderò”… “Non scorderò” …!

I ricordi della scrittrice senza memoria, intrecciati strettamente ai suoi racconti, erano davvero rimasti conservati nelle pagine di carta dei suoi libri. Adesso che Adela è diventata un fiume in piena di parole, rimane una sola domanda da fare alla sua memoria appena riscritta:

  • Perché scrivi?

Si alza in piedi, spiana la gonna con i palmi delle mani. Quegli occhi vitrei e senza fondo? Spariti. Il suo sguardo si è acceso come dall’interno, come una finestra, di notte, dietro cui abbiano appena messo un neon. Sorride, alzando un poco gli zigomi:

  • Mio caro Boris, non mi pare cosa da poco scrivere per ricordarsi, una volta ogni tanto, chi, dopotutto, sei davvero.

 

3. 00:01 di notte, casa di Boris. Le parole sussurrate.

Il letto scricchiola mentre provo a fare meno rumore possibile.

  • Boris…?
  • Mila, continua a dormire.

La mia voce è un sussurro, ma lei si gira verso di me.

Non ti starai alzando per scrivere… vero? Almeno, vedi di finire quel capitolo che mi hai letto l’altro pomeriggio… anzi, cambia proprio tutta quella parte del chicco di caffè: non è che mi abbia convinto poi tanto. Ricordatelo, eh: questo romanzo, ormai, è anche un po’ mio…