1. Otto del mattino, scuola media Dombi. Pioggia a catinelle.
  • Salve!
  • Buongiorno.
  • Buongiorno, ha visto che tempo? Diluvia!
  • Non lo dica a me che ho dovuto prendere due autobus e il tram per venire fin qui.
  • Ora che la guardo meglio, in effetti, sembra proprio zuppo.

Lo sono dai vetri degli occhiali ai lacci delle scarpe.

  • Menomale che le previsioni portavano bel tempo… “parzialmente nuvoloso nella prima metà della giornata ma con ampie schiarite sul centro urbano”.
  • Si, ho sentito anche io il meteo… ma… in effetti… mi dica: lei chi è?
  • Ah, giusto! Sono Boris, sto cercando il professor Melarancia, avrei appuntamento con lui.
  • Avrebbe o ha?
  • Ho, ho…
  • Melarancia, Melarancia… aspetti che controllo sul registro.

Prende a sfogliare un’agenda spessa quanto un vecchio elenco telefonico e intanto mi gratto via le goccioline di pioggia dalla barba, finisco di asciugare gli occhiali, finalmente riesco a guardarmi intorno: il corridoio della scuola media è ampio, con una scalinata sulla destra e un cartello che indica i piani delle varie aule. Sulle pareti, foto degli studenti, targhe, una bacheca piena di fogliettini.

  • Melarancia non sarà qui prima delle 10:00, oggi. Può aspettare in portineria, se vuole, o tornare più tardi.

Peccato, Boris, che questa scuola sia abbarbicata fuori dal centro della città, abbia solo palazzoni residenziali attorno. È fine maggio e diluvia, l’orologio segna le 8:01. Sarà una lunga attesa.

  1. Otto e venti del mattino, portineria della scuola media Dombi. Ammazzare il tempo.

Le cuffiette della signora della portineria suonano ad un volume così alto che sento John Lee Hoker come se fosse anche lui seduto qui accanto, su uno sgabello, la bombetta calata sugli occhi. Prendo lo smartphone e inizio a leggere qualche mail.

Niente di nuovo stamattina, tranne la solita spam a cui ormai sono abituato e che mi mancherebbe se non ricevessi puntualmente, una newsletter a cui non ricordo nemmeno di essermi iscritto, i messaggi ben più interessanti delle librerie, le notifiche di un nuovo post sui blog che seguo.

È il turno di controllare le statistiche di #BlogBoris. I contatti sono in crescita, bene! Ci sono anche alcuni commenti. Il primo sta sotto un articolo su un nuovo modello del mio taccuino preferito:

Caro Boris,

mi sapresti dire qualcosa di più sull’odore della carta del taccuino? Diresti che sa più di noce moscata o di limone? Pizzica al naso? In una scala da uno a dieci, quanto gradisci il profumo delle pagine e quanto lo reputi adatto per scrivere? Grazie!

L’odore?! C’è anche questo:

Boris, ti seguo da sempre! Complimenti! #BlogBoris è decisamente il mio blog preferito! Dovresti pubblicizzarti di più, però, secondo me… perché non provi a fare video sul web? Oppure inventa qualche hashtag in più… metti in vendita le magliette con il logo di #BlogBoris! Io ne comprerei una! No, anzi, due! Facciamo dieci!

Se non altro, è entusiasta del blog. Questo qui, invece, mi sembra un po’ presuntuoso…

Egregio Boris di #BlogBoris,

ho seguito il tuo consiglio e ho comprato il nuovo libro di Quato Monroe, soprattutto perché mi aveva incuriosito la tua recensione. Fino ad oggi, ho letto cinquecento romanzi, mille racconti, seimila poesie, quindi credo di essere abbastanza esperto per raccontarti le mie opinioni su questo libro. Lo scrittore spalanca le porte di un mondo, wow, crea una realtà in cui il nero è bianco e il bianco è nero… sono abituato a leggere, quindi l’ho letto in un’ora e ventisette minuti pur trattandosi di ben trecento pagine…

Ogni commento mi parla dei miei lettori – sì, gli stessi che mi hanno votato come scrittore esordiente al Contest Letterario del sindacato degli scrittori, per i quali dovrò scrivere il mio primo romanzo, e scriverlo bene! – e c’è anche il ragazzino che sogna di fare lo scrittore ma è troppo timido per provarci davvero. Mi fa sorridere; non è un commento ad un post, ma un messaggio privato:

Gentile sig. Boris,

sono un ragazzo di 15 anni e ti leggo ogni giorno da Arianna, in provincia di Sara. Mi piacciono molto i tuoi articoli e spero tu possa presto scrivere per un giornale di Stato o per una casa editrice del Sindacato degli Scrittori. Hai davvero talento! Ho saputo del libro su cui hai cominciato a lavorare, ti auguro buona fortuna, Boris! Io me lo farò regalare da mio fratello maggiore, che adesso studia fuorisede ma ti segue spesso. Grazie a #BlogBoris ho cominciato a scrivere delle brevi storie in cui tiro fuori emozioni e sogni… quelli che la timidezza non mi fa esprimere nel mondo reale. Ogni volta che scrivo, mi sento leggero!

La signora della portineria mi vede strizzare un po’ gli occhi.

  1. Otto e trenta del mattino. Portineria della scuola media Dombi. Scrivere dappertutto.

Fuori ancora piove e anche se ho finito di leggere il più lentamente possibile tutti i commenti sono passati solo dieci minuti. I ragazzi si dividono tra palestra, aule, sala di musica o di disegno, ma dallo sportello della portineria, ogni tanto, se ne vede qualcuno far capolino nel corridoio, con il bidello che deve andare a riacchiapparli e riportarli al volo in classe.

A proposito del mio romanzo… scrivere potrebbe essere il modo giusto per far passare il tempo. Non ho taccuini, ma posso arrangiarmi con lo smartphone. Apro un nuovo foglio di testo, chiudo gli occhi per un attimo, faccio il punto della situazione, mi viene in mente una mattinata di qualche settimana fa e inizio a digitare.

CAPITOLO 4. CARTOLINE.

  • È una cartolina rara, Boris! Avrà almeno cinquant’anni. Guarda qui: “Saluti da Irene, 23 settembre 1951”.
  • Ne ha sessantaquattro, Freni, per essere precisi. Fa’ vedere.

È una foto del chioschetto di Piazza Goccia. Due uomini coi baffi ed il cilindro e una ragazza con un abito a fiori sorridono sorseggiando da un grande bicchiere. I bordi sono ingialliti.

  • Qui che c’è scritto?
  • Dove?
  • Su questo bordo… si vede un pezzetto di frase, ma è tagliata in cima…

Con un inchiostro giallino, in controluce, apparivano delle metà inferiori di lettere.

  • E che cosa significa?

A Freni iniziarono a brillare gli occhi. È lo sguardo di quando deve necessariamente venire a capo di qualcosa. Tornammo dall’ambulante che gli aveva venduto la cartolina, ma non riuscimmo più a trovare il suo banchetto. Pareva sparito nel nulla.

  • Beh, seduti in macchina, con calma, magari ci viene più facile provare a leggere, dai… Dobbiamo cominciare dalle lettere più facili…
  • Questa secondo me è una L, guarda…
  • Potrebbe essere anche una Z, hanno la stessa gambetta.
  • E qui mi pare una F!
  • F? perché non R, T, Y, I, N, H?
  • Lì a Lettere, Mila non conosce qualcuno in grado di leggere queste cose? Non so, un paleografo o un papirologo o qualcosa del genere?!
  • Freni… chi sarebbe un papirologo?

Passò un autobus giallo, e dentro ci intravedemmo l’ambulante della cartolina.

  • Inseguiamolo! – Freni mise in moto senza darmi nemmeno il tempo di allacciare la cintura di sicurezza!

E alla radio partì con lui un pezzo di musica elettronica, uno di quelli da videogiochi di corse, perfetto per l’inseguimento.

Seguimmo l’autobus fino al capolinea, sorpassando file di macchine, correndo sui binari del tram, attraverso quelle solite scorciatoie che conosceva solo Freni; l’ambulante scese per ultimo con due enormi buste di plastica piene delle sue merci. Non smettevamo di pensare al messaggio a metà sulla cartolina.

  • Ehi!

L’uomo indietreggiò istintivamente. Poi ci riconobbe.

  • Ciao, ciao. Che succede?
  • Si tratta della cartolina che ci hai venduto poco fa…

E gliela porgemmo spiegandogli tutto. La osservò scrutandola a fondo dopo aver inforcato un buffo monocolo.

  • Guardate qui, guardate qui sul margine in alto. È stato ritagliato grossolanamente, ma si vede anche un pezzetto di bordo di un’altra cartolina. Erano due. Il messaggio è stato scritto per metà su quella e per metà su questa, poi le hanno divise.
  • Quindi che si fa?
  • Ritrovate l’altra e ricomponetele per poter leggere la frase! Ah, fanno cinque euro per la consulenza…
  1. Dieci e mezza del mattino. Sala professori della scuola media Dombi. Il professor Melarancia.
  • Allora, Boris. Di cosa avevi bisogno?
  • Professore, so che lei ha studiato a fondo Italo Bracci… poco tempo fa mi è capitato tra le mani un suo libro ed è sorta una questione che vorrei approfondire: ero ad un gruppo di lettura e ad un certo punto tutti i libri, di autori e generi diversi iniziavano a somigliarsi, a convergere verso quello di Bracci…

Gli passo un foglietto con i vari titoli. Il giovane professore si passa sorridendo una mano tra i capelli.

  • Boris! Quello che ti è capitato potrebbe essere la conferma ad una tesi che inseguo da tempo! Qui non ho materiali da farti vedere ma posso spiegarti… ecco, tutti questi autori somigliano a Bracci perché…
  • Plagio? Errore della casa editrice? Abbiamo pensato ad una confusione delle bozze in stampa…
  • No! Somigliano a Bracci perché loro, secondo la mia tesi, sono Bracci!
  1. Quasi mezzanotte. Casa di Boris. Al telefono con Mila.
  • Ti rendi conto, Mila?! Altro che pseudonimi: identità parallele!
  • Un autore che ne è anche tanti altri… però è solo la teoria di Melarancia…
  • L’unico modo per venirne a capo è andare a trovare personalmente Bracci. Quando finisci con quell’esame?
  • Prossima settimana, giovedì, ho studiato fino alle undici e mi sono messa a leggere il capitolo nuovo che mi hai mandato.
  • Grazie! Che ne pensi?
  • Interessante la storia della cartolina, ma… non ho capito il finale. Me lo spieghi?