1. Sette del mattino. Casa di Mila. Buongiorno, rossa!

Tonight I’m gonna have myself a real good time / I feel alive and the world I’ll turn it inside out – yeah / and floating around in ecstasy / so don’t stop me now don’t stop me / ‘cause I’m having a good time having a good time …

 A quel punto la canzone esplode e la voce di Freddie mi investe in tutta la sua forza. Sono le sette del mattino e la prima cosa che vedo è la sagoma bianca del cuscino premuto contro il mio naso. La luce entra per spiragli attraverso le imposte abbassate, e un venticello fresco pizzica le dita dei piedi risalendo da fuori. Acchiappo lo smartphone da sotto il letto e stacco Don’t stop me now appena dopo il ritornello, su quel ritmo frenetico, e penso di aver scelto proprio una bella sveglia per oggi, giorno d’esame.

C’è voluto qualche minuto, però, per alzarsi e spostare i capelli dal lato giusto, sbadigliare stiracchiandomi, tirare su la cinta dei pantaloni larghi del pigiama, lanciare un’occhiata ai quaderni d’appunti e alle dispense e ai libroni e ai post-it e alle matite e ai pennarelli sparsi sul tappeto ai piedi del letto; mi sono addormentata leggendo, ieri, e con un altro sbadiglio penso che prima di uscire dovrò mettere tutto in borsa… meglio fare la doccia prima.

Cammino in corridoio e l’appartamento è deserto. Nessuna traccia di Flavia, come al solito. La mia coinquilina è una ragazza un po’ misteriosa: so solo che studia Lingue Straniere ed è una danzatrice del ventre, ma di dove passi le sue notti o le giornate intere in cui sta via senza avvisare – per poi tornare all’improvviso con due cartoni di pizza e un sorriso smagliante – non l’ho mai saputo.

L’ultimo ripasso alla materia lo faccio sotto la doccia, con i nomi e le date che si confondono tra le bollicine di sapone.

Bicchiere di latte acciambellata sul divano: alle sette e trentacinque c’è la nuova puntata della mia serie tv preferita!

E che cos’è questo profumo di torta appena sfornata che sale su per la tromba delle scale del palazzo?

2. Otto e dieci del mattino. Casa della Sig.ra Acrèi. Comportarsi da nonna.

  • Un esame, tesoro!? Prendi un’altra fetta di torta, sù: il cervello ha bisogno di zuccheri!
  • Grazie, signora Acrèi, ma non voglio approfittare…
  • Allora, la laurea arriva presto? Sei molto bella in camicia, Mila! I tuoi genitori come stanno? Ed il tuo fidanzato? È un po’ che non lo vedo, quel Carlos… Porta ancora la barba lunga?
  • Boris, signora, si chiama Boris… e se tagliasse la barba non lo riconoscerei nemmeno io… prima che alla laurea, penso all’esame di oggi!
  • Facciamo così: ti preparo un piattino con un poco di torta da portare via!
  • Signora, davvero… la torta è buonissima, ma non voglio disturbare!
  • Mila, Mila, io sono una nonna: lascia che mi comporti da nonna!

La vecchia signora mi strizza l’occhio, si alza lentamente a prendere un piatto di plastica. Controllo l’orologio.

  • Ascoltavi Freddie Mercury, stamattina, vero? Ho sentito la musica… Io l’ho conosciuto, sai? Avevo tutti i loro vinili… chissà che fine hanno fatto i vecchi dischi di quand’ero ragazza…
  • Signora, io devo andare…
  • Passa Boris a prenderti?
  • No, lui non ha la macchina in questi giorni… Cercherò di arrangiarmi con l’autobus!
  • L’autobus!? L’autobus!? Non passa mai da queste parti, arriveresti sicuramente in ritardo all’esame! Aspetta un attimino…

Esce dalla stanza, le ondeggia la vestaglia, striscia le pantofole.

3. Otto e trenta del mattino. Sul viale dei Principi, verso la Facoltà di Lettere. La camionetta rossa.

Quest’affare va a sussultoni! Una camionetta rossa degli anni Settanta coi finestrini da abbassare a manovella, senza radio né climatizzatore, con una grossa leva della trazione integrale tra i due sedili davanti! Credo sia la quintessenza del viaggiare scomodi, ma la signora Acrèi ha insistito perché fosse suo marito ad accompagnarmi in Facoltà…

  • Allora, Mila! Sai che è già la seconda volta che vado a Lettere? Mio nipote ci si è laureato due anni fa! A proposito, a quando la tua laurea?
  • Ehm… anche sua moglie mi ha fatto la stessa domanda oggi…
  • Io non mi sono mai laureato, ma non ti auguro lo stesso, ovviamente… Ai miei tempi, non tutte le famiglie potevano permettersi di iscrivere i figli all’università: così, a diciotto anni sono andato a lavorare in campagna con mio padre e mio zio!

Il motore della camionetta brontola così forte che bisogna gridare per riuscire a sentirsi! Il signor Acrèi sterza bruscamente per uscire da una rotonda, il volante scricchiola, da qualche parte sotto la macchina si sente sferragliare di lamiera.

  • Come ha conosciuto la signora?
  • Per quello, devo ringraziare la guerra!
  • La guerra?

Cerco di aggrapparmi alla maniglia della portiera, tra un sobbalzo e l’altro, mentre mi racconta che durante la guerra era stato catturato dal nemico e rinchiuso in un carcere tra le montagne dietro Tita. Il suo compagno di cella era un partigiano del posto, precipitato in una depressione profonda.

  • Non smetteva di pensare alla moglie e alla figlia, rimaste sole a Tita. Dei soldati nemici si dicevano tante atrocità, e non erano proprio famosi per la loro gentilezza con le donne…

Il signor Acrèi, comunque, si era dimostrato un vero amico per quell’uomo disperato. Lo aveva aiutato a superare le sue paure, la rabbia, la depressione e alla fine della prigionia, dopo l’intervento risolutore degli Alleati, era entrato a far parte della sua famiglia.

  • Eh sì, la figlia per cui lui si preoccupava era proprio la mia bella signora Acrèi… oh, guarda Mila! Siamo arrivati. In bocca al lupo per il tuo esame!

4. Quattordici. Facoltà di Lettere. Messaggi improvvisi.

  • Pronto, Boris?
  • Mila! Com’è andato l’esame?
  • Eravamo in tanti e il professore si è presentato solo dopo un’ora e mezza! Pensa che tutto il corridoio era pieno…
  • Sì, ma… tutto a posto?
  • Un 28 sul libretto e si va avanti!
  • Brava, piccola! Hai pranzato?
  • Sì, avevo della torta della signora del piano di sotto… Tu che stai facendo?
  • Ho fatto un giro per concessionarie, ma ancora niente auto! Non credevo fosse così difficile trovare quella giusta…
  • Oggi sono salita su una camionetta di almeno quarant’anni fa, ma quella non mi sento di consigliartela!
  • Davvero? Che auto era?
  • Scomoda, rumorosa, dalla forma antiquatissima!
  • Una… Dada, forse?
  • Sì, esatto!
  • Quella è la regina dei fuoristrada! Dura e cruda, praticamente indistruttibile!
  • No, Boris… praticamente un trattore! Aspetta, mi è arrivato un sms… ah, è Flavia!
  • La tua coinquilina invisibile?
  • Proprio lei… sai che nemmeno oggi ha dormito a casa?
  • Non mi stupisce più, ormai! Che cosa ti dice?
  • Di passare subito da casa!

 

5. Quindici del pomeriggio. Casa di Mila. Il bracciale dell’occhio greco.

Faccio per prendere le chiavi dalla borsa, avvicinarle alla serratura… ma la porta dell’appartamento è aperta.

  • Flavia? Ho fatto appena ho potuto, pensa che mi ha dato un passaggio il relatore di Boris…

Nessuna risposta. Faccio un giro del corridoio, del bagno, della cucina; vuoti. La mia stanza è come l’ho lasciata stamattina, c’è ancora l’accappatoio umido appallottolato sul letto. Rimane da bussare solo alla camera di Flavia. Se è in casa, perché non risponde?

  • Flavia?

Che si sia sentita male?

  • Tutto ok? Se sei dentro, apri!

Faccio scivolare la borsa a terra, raccolgo meccanicamente i capelli. Appoggio l’orecchio alla porta per provare a sentire i rumori dell’interno: un ronzio sommesso, si direbbe, e sbattere di imposte.

Non c’è altro da fare: calcio la porta, spingo con tutte e due le mani. Si apre su una camera vuota.

  • Flavia…?

Il ronzio è quello di un cellulare lasciato in chiamata sulla scrivania, con un braccialetto dell’occhio greco poggiato sopra.

Non può essere.

Sollevo il telefono lentamente.

Il cuore inizia ad accelerare. Io conosco quel braccialetto.

Se è per questo, conosco anche la voce dell’uomo che risponde appena dico:

  • Pronto?
  • Mila! Amore mio, è davvero tanto tempo che non ci sentiamo… è simpatica la tua amica Flavia! Pensa, se non l’avessi incontrata non avrei saputo come trovarti in questa grande città…

Devo avvertire Boris al più presto.

  • Lascia stare Flavia!
  • Amore, sai che con me è in ottime mani… Piuttosto, dobbiamo incontrarci presto io e te. Abbiamo tanto di cui parlare, ora che sono qui.

Un misto di nausea, la sensazione di una mano che stringe lo stomaco, il fiato corto.

Bruno è in città; conoscendolo, è venuto a prendermi.