1. 16:30 del pomeriggio. Quartiere cinese. L’occhio greco.

Io, qui, che cosa sono venuta a farci? Ovunque, bancarelle e grosse lanterne rosse che oscillano al vento del pomeriggio. I venditori urlano e i compratori si accalcano spingendosi l’uno contro l’altro verso tavoli di gioielli, di contenitori di spezie, di libri usati. Boris mi tiene la mano: se non ci fosse lui, mi sarei già sentita persa. Credo mi abbia letto nel pensiero, perché dice:

  • Mila, cosa siamo venuti a fare qui?
  • Vedi questo bracciale? Bruno ne ha comprato uno per la prima volta durante un viaggio in Grecia; da allora, il simbolo dell’occhio greco è diventato la sua ossessione…
  • Che cosa raffigura?
  • È un amuleto. Un portafortuna contro il malocchio. Bruno è molto superstizioso… pensa che, proprio per questa storia, i suoi compari lo chiamavano Mati… che in greco significa occhio

Ci immergiamo sempre più nella folla, lancio occhiate a tutti i banchetti.

  • Quindi, cerchiamo questi bracciali per trovare lui e Flavia? Non vedo l’ora di averlo tra le mani, il tuo ex…
  • No, Boris, gli parlerò solo io. Se lo conosco bene, la prima cosa che Bruno avrà fatto ad Irene sarà stata comprare i talismani da tenere in casa. Chi glieli ha venduti, potrebbe darci informazioni utili!

Il banchetto dei gioielli etnici ci appare davanti, mezzo nascosto alla fine di una stradina, proprio sotto l’insegna di un ristorante cinese; su una seggiola di vimini sta seduto l’uomo tarchiato, dalla carnagione olivastra.

  • Io ti conosco! Hai venduto la cartolina d’epoca al mio amico, ti ricordi?

Annuisce sorridendo un paio di volte, indica con un gesto la sua merce. Sassi dipinti, ciondoli, collane, bracciali a perline, anelli: tutto marchiato col simbolo dell’occhio greco.

  • È venuto da te un uomo alto e con la barba rossiccia a comprare qualcosa del genere? Uno che… somiglia a lui!

E mi riferisco a Boris, perché lui e Bruno, secondo me, sono due gocce d’acqua. L’ambulante ci pensa un attimo, ci osserva con attenzione, lo squadra dalla testa ai piedi.

  • Si! Il turista con il tatuaggio del mati azzurro…

 

occhio-di-allah

 

2. 17:40 del pomeriggio. Via Patheimathos. La tana del lupo.

  • Questa è una catapecchia, Mila. Sei sicura che l’ambulante non ci abbia presi in giro?
  • Mi fido, Boris… non avrebbe avuto motivo di depistarci. Ha detto di aver accompagnato qui Bruno per disporre gli amuleti vicino alle finestre.

Saliamo piano piano, cerchiamo di far scricchiolare il meno possibile gli scalini della rampa di legno, avverto il nervosismo di Boris crescere man mano che ci avviciniamo a Bruno…

  • Shh… sento qualcosa dietro questa porta!

Un pezzo di musica classica, Rachmaninov; è qui, senza dubbio.

  • Bussiamo?

Non lo ascolto nemmeno: apro la porta spingendomi in avanti, salto dentro, con uno scatto la richiudo e giro la chiave, lasciando Boris sul pianerottolo, chiudendolo fuori, cercando di tenerlo al sicuro. Solo io posso affrontare Bruno.

  • Ho sempre amato il tuo modo di prendere di petto le situazioni.

Si alza da una poltrona e rimane in piedi a fissarmi. La sua voce è tagliente, gli occhi piccoli e verdi, le spalle larghe, i capelli rasati, la barba piena. Non mi sbagliavo, comunque: più lo guardo e più il suo aspetto mi ricorda Boris; l’uomo che ho davanti, però, ha una luce totalmente diversa nello sguardo.

  • Dov’è Flavia?
  • Dorme sul divano della camera degli ospiti… narcotizzata. Sai che non avrei mai potuto farle veramente del male.

Ma perché per quanto possiamo credere di aver chiuso con una persona, rincontrarla ci smuove sempre qualcosa nel fondo dello stomaco?

  • Lo so: hai i tuoi principi, per quanto disgraziati… che arrivassi a rapire la mia coinquilina, però, non me lo sarei aspettato da te.
  • Rapirla?! Non farmi ridere… Avrai sicuramente notato che spesso non tornava a casa o spariva per alcuni giorni… beh, stava con me!

Un’altra fitta allo stomaco.

  • L’hai manipolata… usata solo per arrivare a me!
  • Naturalmente! Povera Flavia: così spontanea, solare, espansiva… è stato facilissimo sedurla.
  • Beh, io adesso sono qui. Che cosa vuoi?!

Arriva dritto al punto.

  • Te! Te, voglio! Come tre anni fa, come sempre! Farei di tutto per te, Mila… siamo cresciuti insieme, ti ricordi? Due ragazzi e un quartiere difficile di periferia; per te, sono arrivato a rinnegare perfino una parte di me stesso!

Si riferisce a quando è entrato in quel giro di affari sporchi, malavita, estorsioni e solo il cielo sa cos’altro… Senza accorgercene, abbiamo camminato l’una verso l’altro e adesso siamo a un palmo di naso nel mezzo della stanza. Il suo profumo è sempre lo stesso: cannella e tabacco.

  • Mila! Mila! Apri, dannazione!

Boris grida e batte sulla porta. Chissà cosa sta pensando… Bruno cambia espressione.

  • Immaginavo avresti portato anche il tuo ragazzo… ma sai di essere fatta per me, piccola, di non avere nulla a che fare con lui! Flavia mi ha detto che è un topo da biblioteca, una specie di scrittore mancato… io sono un uomo d’azione! Hai bisogno di uno come me, Mila!

Guardo l’uscio e poi Bruno, e le voci dei due uomini che urlano il mio nome si mescolano e diventano la stessa voce. Boris/Bruno o Bruno/Boris?

  • Vieni con me!
  • Esci da lì!
  • È un imbecille!
  • È pericoloso!
  • Tu sei mia!
  • Non puoi andartene così…

3. 18:20 del pomeriggio. Quartiere cinese. Boris/Bruno, Bruno/Boris.

Entrando nell’auto di Bruno, attraverso la finestra al primo piano della catapecchia osservo Boris sfondare la porta, fare irruzione nella stanza e trovarla vuota. Ha una mano sanguinante, gli occhi rossi; si affaccia. Mi cerca con lo sguardo, gesticola, urla aiuto. Non può vedermi, perché Bruno mi ha fatto uscire di casa attraverso il passavivande, poi giù per le scale esterne, traballanti, abbarbicate sulla facciata appena sotto la finestra della cucina.

Mette in moto; Boris me lo lascio indietro così, impotente e sgomento.

  • Quel tipo non avrebbe mai avuto il coraggio di venirti a prendere come ho fatto io.

Non rispondo.

  • Possiamo trasferirci oggi stesso: Clart ci ha trovato un alloggio in periferia, staremo più tranquilli che in questa chiassosa chinatown.
  • Clart? Frequenti ancora con quel tizio?
  • È un bravo ragazzo, ma te lo ricorderai senza le cicatrici sulle guance. Aveva fatto arrabbiare il capo e ho dovuto… rimetterlo in riga.

Guida con sicurezza per le strade affollate del quartiere cinese, continua a raccontarmi dei suoi compari, ad insultare Boris, allunga una mano sul mio ginocchio. Me lo chiedo di nuovo, come poco fa: cosa ci faccio qui?!

  • Bruno… ti ricordi l’affare del pollastro? Quando i trafficanti di Zita mi avevano rapita…
  • Certo, amore! Hanno fatto tutti una brutta fine, se vuoi star sicura: con me non corri pericoli. Non sono mica come quel Boris, che ha lasciato ti portassi via senza muovere un dito!
  • Intendevo: ti ricordi come andò quella volta?
  • Sì, ti avevano caricata in macchina. Sei riuscita a scappare dal finestrino, però. Che mossa, Mila!
  • Esatto!

Sta ancora guardando la strada che io faccio scattare la serratura della portiera e salto fuori, rovinando sull’asfalto. Non controllo la caduta, rotolo tenendo la testa tra le mani e spero con tutte le mie forze di non finire investita da un’auto. Mi rialzo, ci vedo poco, gira tutto, sento le gomme della berlina di Bruno frenare all’improvviso, faccio per scappare via, confondermi nella folla e lasciarmelo indietro per sempre.

Poi, un colpo secco, vetro che si spacca, rumore di schiuma che viene sparata fuori.

Boris!

Sta colpendo il parabrezza e il cofano dell’auto di Bruno con un piccolo estintore e gli scarica la spuma contro, attraverso il finestrino!

Vado verso di loro, ma mi prende una fitta alla testa, intorno si è già accalcata una folla, cercano di separarli, io mi sento svenire, li guardo, ma chi li riconosce più? Bruno si difende come Boris, Boris attacca come Bruno e viceversa, all’infinito… perfino le loro voci sono un tutt’uno quando mi guardano cadere a terra e gridano:

  • Mila!

4. 22:00. Casa di Boris. Averti qui.

  • Ben svegliata.
  • Ciao…
  • Come ti senti?
  • Frastornata…

E mi alzo sul letto. Le lenzuola profumano di pulito.

  • Hai preso una botta in testa rotolando giù dalla macchina, ma in ospedale hanno detto che non è grave… devi solo riposare.
  • Boris, ma tu…!?

La sua faccia è tutta un livido; ha una mano fasciata e una borsa del ghiaccio premuta contro un occhio. Sulla camicia ci sono delle macchie di sangue.

  • Non preoccuparti, sto bene… sono solo un po’ ammaccato. Il tuo amico ha talento per tirare pugni.

Devo fare mente locale per riallacciare il filo della giornata e ricordare i dettagli di quello che è successo.

  • Flavia?
  • È a casa vostra, ti chiamerà domani.
  • Cos’è successo a Bruno?
  • Abbiamo combinato un putiferio! Più che per dividerci, la polizia è intervenuta per evitare che distruggessimo il quartiere. Hanno subito riconosciuto il tuo Mati, e credo stia ancora discutendo dei suoi precedenti criminali…
  • Per ora, è finita…
  • Già! Ce la siamo vista brutta, piccola. Senti… so che sei ancora scossa, ma mi era venuta in mente una cosa… il tuo appartamento non sarà un posto sicuro finché Bruno è in città: vuoi venire a stare qui da me?

E lo dice con un sorriso tale, sotto i lividi e le labbra tumefatte, che è impossibile rispondergli di no!