Arriva dalla Cina la notizia della revoca della tutela del noto «Haymarket Check», il caratteristico motivo a tartan di Burberry, a causa del suo mancato utilizzo nell’ultimo triennio.

Dati alla mano, oltre il 20% del fatturato della società deriva dagli acquisti effettuati proprio nello Stato horwelliano, considerato che numerosi giovani ricchi cinesi hanno acquistato ed acquistano prodotti Burberry, ormai divenuti un vero e proprio status symbol.

La crisi economica ed una campagna “anti-lusso”, a supporto delle politiche contro la corruzione, hanno colpito l’intero mercato dei prodotti di fascia alta, consentendo alla produzione locale di emulare i prodotti dei marchi prestigiosi utilizzandone legittimamente i tratti distintivi.

Non a caso un’azienda cinese aveva ripetutamente fatto ricorso al giudice di Taiwan contro Burberry per l’utilizzo del tartan finché, nel 2009, il giudice ritenne che il motivo adottato da Burberry costituisce parte del patrimonio culturale scozzese e, come tale, non può essere utilizzato come marchio.

L’azienda cinese ha quindi richiesto un risarcimento di 500 milioni di yuan (circa 60mila euro) per i danni patiti, invitando anche altre aziende a partecipare alla class action attivata contro l’azienda inglese.

Il grande mercato cinese si dimostra quindi sempre più ostile. Accanto al mercato nero delle imitazioni, infatti, numerose ombre si attagliano sui prodotti di lusso e marchi noti in tutto il mondo.

Si pensi a Michael Jordan, attualmente in giudizio per la tutela del suo stesso nome, così come Apple che ha acquistato il nome “iPad” per 60 milioni di dollari da una società cinese che lo aveva registrato per prima.

Immagine: Vogue.co.uk