Quando si parla di Carnevale l’Italia è uno, se non addirittura il paese, con una tradizione più ricca. I carnevali italiani sono ogni anno meta di moltissimi turisti, che da ogni parte del mondo giungono per partecipare ai vivi festeggiamenti del Carnevale di Venezia, quello di Viareggio, il Carnevale di Acireale, o quello di Ivrea. Oggi, il carnevale è particolarmente noto per i travestimenti che annualmente si rinnovano, divenendo sempre più spettacolari, ma lasciando sempre spazio alle maschere della tradizione. A proposito di maschere tradizionali, l’Italia vanta travestimenti tipici per ogni sua regione. Queste hanno origini diverse: alcune provengono dal teatro dei burattini, altre hanno origini arcaiche e molte sono state create appositamente per la festa di carnevale.
Il Carnevale del Gran San Bernardo, o della “Coumba freide”, in Valle d’Aosta, vede sfilare ormai da moltissimi anni le Landzette. Questi personaggi riproducono il passaggio dei 40.000 soldati al seguito di Napoleone nel maggio del 1800. I protagonisti indossano travestimenti che ricordano le uniforme napoleoniche, con grandi cappelli colorati e abiti impreziositi da paillettes e specchietti che riflettono la luce del sole e allontanano le forze maligne. Le Landzette portano una maschera sul volto, detta vesadjie, che un tempo era di legno mentre oggi è solitamente di plastica. Infine, ancora una volta contro gli spiriti avversi, in mano tengono una coda di cavallo e alla vita un campanello.
Maschera tradizionale Piemontese è invece Gianduja, spesso affiancato da sua moglie Giacomotta. Nasce come burattino ed è oggi il re del carnevale torinese. Il burattinaio che creò il personaggio di Gianduja prese ispirazione da un simpatico contadino di nome Gioann dla doja, ovvero Giovanni del boccale. Quest’uomo era solito a vestire una lunga giacca marrone bordata di rosso, con un cappello a tre punte in testa, il tricorno, ed un codino girato all‘insù legato con un bel nastrino rosso.
Capitan Spaventa è la maschera tradizionale ligure proveniente dalla Commedia dell’arte dell’XI secolo. Il personaggio è un goffo e sbadato spadaccino che, nonostante le numerose avventure, ama molto parlare e discutere. Ha un vestito a strisce colorate gialle e arancioni, un cappello con piume colorate, ricchi stivali e una spada lunghissima che trascina facendo molto rumore. Ha baffi e un pizzo castano.
Lombarda per eccellenza è la maschera di Arlecchino. Nato a Bergamo da famiglia poverissima si dice che la madre gli avesse cucito l’abito con scampoli colorati. Secondo altre versioni il suo abito venne creato assemblando toppe degli abiti del ricco signore dal quale prestava servizio. La maschera di Arlecchino venne nel tempo modificata e oggi il personaggio, noto per la sua simpatia e schiettezza, indossa un elegante vestito costituito da colori sgargianti ordinatamente posizionati.
Nelle zone alpine del Trentino Alto Adige si festeggia il Carnevale dell’Egetmann, che vede sfilare personaggi tra i più vari. Figura centrale la occupa Egetmann Hansl, un pupazzo di paglia, che apre la sfilata nuziale accompagnato dalla sposa. Questa è in realtà un uomo travestito da donna, poiché tradizionalmente era consentito solo agli uomini di partecipare. Un altro personaggio è lo Schnappviecher, un gigantesco coccodrillo peloso con corna che si diverte a spaventare i cittadini.
La maschera per eccellenza del Carnevale Veneziano è la bauta, o bautta. Il travestimento consisteva nel tabarro, un ampio mantello nero a ruota, da un tricorno nero sul capo e da una maschera bianca sul volto. Utilizzata da uomini e donne, la maschera rendeva anonimi e irriconoscibili ed era infatti la “maschera che ogni disuguaglianza agguaglia”.
Il Carnevale di Sauris in Friuli vede come maschere protagoniste il Rölar è il Kheirar. Il primo è un personaggio misterioso e magico vestito con abiti scuri e con il volto sporco di fuliggine, caratterizzato da grandi sonagli, i röln, che porta attorno alla vita. Il secondo aveva indosso sempre una maschera di legno e portava con sé una scopa.
Maschera bolognese é il Dottor Balanzone che incarna un saccente giurista che crede di saper tutto e si è perciò conquistato l’antipatia altrui. Si veste con pantaloni e camicia nera, guarnita di un colletto bianco. In testa ha un feltro a larghe tese nero, alla cintura un pugnale, o un fazzoletto, e sotto braccio un librone.
Icone del Carnevale di Viareggio, in Toscana, sono Burlamacco e la sua signora Ondina, nate nel 1930 su opera di Uberto Bonetti. Burlamacco, maschera ufficiale, riprende nel proprio vestito gli scacchi di Arlecchino, il pompon di Pierrot, la gorgiera che ricorda quella di Capitan Spaventa, un copricapo simile a quello di Rugantino e un mantello nero svolazzante alla Balanzone.
Il Carnevalò marchigiano ospita invece dal 1999 la maschera di Mosciolino. Questo ragazzino scanzonato prende il nome da una cozza selvatica, il misciolo. Ha le orecchie a sventola a punta come un elfo, il naso all’insù ed un aria molto birichina. Indossa maglietta e calzamaglia gialla, una casacca blu a strisce ondulate bianche incorniciate da un bordo oro, sul capo ha un lungo cappello azzurro con un pesciolino rosso attaccato alla punta e fiabesche sono anche le sue scarpe. L’abbigliamento di Mosciolino è leggermente cambiato oggi ed è spesso decorato da alghe verdi, pezzi di rete da pesca e sul margine inferiore, da mezzi gusci di mosciolo.
Il Bartoccio è la maschera tradizionale in Umbria. Il personaggio è un contadino umile, ma sagace e saggio che nel 1600 diventerà ispirazione per i cittadini contro la classe politica di quei tempi. È abbigliato con un corpetto scarlatto sotto il soprabito verde aperto sul davanti, i calzoni corti di velluto nero e le scarpette eleganti abbellite da due grandi fibbie d’argento, Bartoccio fu colui che diede voce al malcontento della comunità e senza paura affrontò i potenti. Ancora oggi, durante il carnevale si usa lanciare manifesti di propaganda sulla gente.
Romanissima è la maschera di Rugantino che nasce dal teatro dei burattini, ma che ispirò anche la commedia. Romano in tutto e per tutto, Rugantino veste i panni di un uomo spavaldo, arrogante e strafottente che, nonostante la parlata aspra, nasconde un animo bonario. Finisce sempre per prenderle e si consola con una battuta divenuta nota: “Me n’ha date tante, ma quante je n’ho dette!”. Dai panni di gendarme, Rugantino assume poi quelli di povero civile indossando pantaloni consunti al ginocchio, fascia intorno alla vita, camicia con casacca e fazzoletto intorno al collo.
La maschera tipica abruzzese è Frappiglia, che, sebbene la sua giovane età, ha viaggiato tra la morte e la vita, tra l’Inferno ed il Paradiso. A ricordare il passaggio tra i due mondi sono i suoi abiti: la camicia bianca in memoria del Paradiso ed il mantello grigio cenere con lingue di fuoco, e una voglia rossa sul volto in onore dell’Infermo. Dall’incontro con Sant’Antonio Abate porta con sé un bastone e gli vengono riconosciute capacità taumaturgiche. Rapporto fondamentale è quello con la bella e tipica donna abruzzese Mariuccia.
Per il Cranevale di Tufaro, in Molise, come ogni anno ci saranno i tre folletti; le maschere dell’Uomo-animale che tengono in catene il Diavolo Tufaro, o Toro. l’Uomo-cervo, la Donna-cervo e l’Uomo-orso di Jelsi sono collegate alla figura dell’Uomo selvatico, che viene comunemente descritto come irsuto e con capelli e barba lunghi.
Pulcinella è la maschera simbolo del carnevale italiano ed è originariamente napoletana. Infatti, il simpatico personaggio personifica a pieno gli aspetti del napoletano verace, costantemente preso dal problema della sopravvivenza, del cibo e delle necessità elementari che aguzzano il suo ingegno e la sua fantasia. Porta sul viso una maschera a mezzo volto bianca e nera, indossa una casacca e un cappello, entrambi bianchi.
Ufficiale del Carnevale di Putignano (Puglia) è la maschera di Farinella. Il suo nome proviene da un tipo di farina finissima ricavata da grano molto povero e sta a simboleggiare la natura umile e popolare di questa maschera. Farinella ricorda un giullare, dai vestiti variopinti, il capello a sonagli, una collarina azzurra e delle scarpette di stoffa divertenti. Viene spesso raffigurato nell’atto di mettere pace tra cane e gatto, metafora dei battibecchi tra i cittadini di Putignano.
Le maschere carnevalesche tipiche in Basilicata sono Dosseno e Macco, provenienti ambedue dalla tradizione latina. Il primo è un ladro, avido e imbroglione, caratterizzato dalla gobba in segno di chiusura dell’anima. Macco incarna, invece, un rozzo contadino. Nelle raffigurazioni che possediamo egli ci appare calvo, con una maschera dotata di un enorme naso adunco, di un paio di orecchie spropositate e di una larga bocca con pochi denti radi, che gli conferiscono un’espressione fissa ed inebetita. Dotato di una duplice gobba, sulle spalle e sul petto, Macco indossa un abito ampio e bianco, da cui gli deriva il nome di “mimus albus”.
Giangurgolo è il nome della maschera tipica in Basilicata. Secondo alcuni è una caricatura dei nobili siciliani che lasciarono l’isola dopo che questa fu ceduta ai Savoia. La sua figura non si è mai consolidata del tutto, invariati sono rimasti, però, il suo insaziabile appetito ed il suo costume caratterizzato da un alto cappello a cono, da un corpetto stretto e da pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse. Sul volto portava una maschera dal naso enorme e una spada altrettanto smisurata gli pendeva su un fianco.
In Sicilia incontriamo la maschera di Peppe Nappa, servo ghiotto e pigro che può stupire con guizzi di abilità estrema quando si tratta di cibo. Il costume di scena era costituito da un ampio abito azzurro, formato da casacca e calzoni e un cappellino di feltro sul volto privo di maschera e di trucco.
In Sardegna si contano circa 35 maschere tradizionali sparse in tutto il territorio. Le più conosciute sono però quelle dei Mamuthones e degli Issohadores. I primi indossano sul viso maschere nere di legno, pelli ovine sul corpo e pesanti campanacci sulla schiena, che agitano seguendo dei precisi passi di danza. Gli Issohadores hanno un aspetto più umano, portano giubbe rosse e pantaloni bianchi. Questi sono a capo di una cerimonia, tanto affascinante quanto misteriosa, che affonda le sue radici nella lontana cultura sarda agro-pastorale e nei riti legati ai culti dionisiaci.
Queste sono le maschere tradizionali più famoso delle 20 regioni italiane; tutte facili da riprodurre ma tutte con un’interessante storia alle spalle. Perché non esibirne una per questo carnevale ?
Comments by Valentina De Santis