La mobilità e lo scambio sono aspetti che caratterizzano sempre più la società attuale. Lo dimostra la crescita inarrestabile di tutte quelle forme di sharing economy, dai siti di carpooling al couchsurfing, che offrono servizi e possibilità sempre più varii e disparati. E il mondo della letteratura non è immune a queste nuove tendenze.
Si tratta del book crossing e l’idea è quella di “liberare” libri perché qualcun altro possa trovarli e magari lasciarne in giro a sua volta, continuando la catena di condivisione. Il neologismo “book crossing”, letteralmente “incrociare un libro” o “far viaggiare un libro”, veicola appunto l’idea di un’intersezione tra le vite di chi legge i libri. Una specie di messaggio in bottiglia, dunque, che raggiunge il suo destinatario grazie a Internet.
Per condividere un libro tramite Book Crossing, infatti, lo si registra gratuitamente sul sito bookcrossing.com e si scarica un’etichetta gratuita con un BCID (un codice identificativo unico) da apporre sul volume. Dopo di che le possibilità sono due: si può “liberare” il libro, ossia passarlo a un amico, a uno sconosciuto o un altro membro della comunità BookCrossing, oppure lo si può “rilasciare”, ossia lasciarlo in vista in un luogo pubblico (su una panchina al parco, sul treno, al tavolo di un bar). Il sito incoraggia i propri utenti alla creatività, ad esempio a creare una “Zona ufficiale BookCrossing” o una “Lista dei desideri”, dove inserire i libri che vorrebbero leggere.
Tramite Internet, il BookCrosser potrà poi seguire gli spostamenti e le avventure del suo libro. Chi trova il volume, infatti, può inserire il BCID sul sito per indicare che è stato trovato. I commenti al libro permettono all’utente di sapere dov’è e chi lo sta leggendo.
L’iniziativa nacque nel marzo 2001 da un’idea di Ron Hornbaker e di sua moglie Kaori e a oggi sono quasi sette milioni i libri registrati e condivisi in 130 paesi dalla comunità dei BookCrosser.
Immagini: bookcrossing.com
Comments by elisa martellini