Se il piatto che abbiamo davanti è molto costoso e se ne può usufruire solo con tanto di bacchette alla mano, il pensiero va per antonomasia al sushi.
Ebbene questa è una di quelle volte in cui gli indizi sono assolutamente fuorvianti, perché il piatto, anzi i piatti, di cui si parla, non sono delle portate, e le bacchette servono per suonarli…
Bizzarro ma vero, si tratta di oggetti dalla biografia complessa, datata XVII secolo, che porta il nome di una delle maggiori case produttrici al mondo, la Zildjian, che li trasforma, da oggetto culto dei musicisti, iconico feticcio del rock’n roll senza tempo, a cimelio dal sapore d’oriente.
Si tratta di una storia che col rock’n roll ha poco a che fare, che comincia in Turchia, a Costantinopoli, nel laboratorio di un alchimista, Avedis, il quale, intento a creare oro, ottenne casualmente una lega di rame, stagno e un po’ d’argento, che produceva un suono affascinante.
Avedis, da alchimista diventò vero e proprio “faber”, artista che cominciò a realizzare piatti mai visti prima, che suonavano così bene da essere apprezzati dal sultano di Costantinopoli, Amurath IV.
Correva l’anno 1623, e Amurath, amante della musica e delle arti, volle Avedis a vivere nel proprio palazzo, commissionandogli piatti per i propri musicisti, e gli diede il soprannome Zildjian.
I piatti furono protagonisti di una “cultura musicale di corte” raffinata e orientaleggiante, nulla a che vedere con la funzione sonora che avrebbero acquisito nel tempo.
In Armeno Zildjian significa, appunto, figlio del costruttore di piatti.
Lasciato il palazzo, Avedis aprì una sua attività a Psamantia, sobborgo di Costantinopoli, e da quel momento fino ad oggi, la Zildjian è di proprietà di suoi discendenti, che sono poi sbarcati in America, prima nel Quincy, poi a Norwell, dove operano tutt’oggi.
Quando si nomima la Zildjian, non si può non pensare alla famosa Serie K, oggetto del desiderio di moltissimi batteristi, festeggiata da pochi giorni, il 20 novembre, a Roma, alla Stazione Birra, allo Zildjian Day, dove endorser del marchio, come Mike Mangini (Dream Theatre) e Gavin Harrison ( Porcupine Three, King Crimson, Incognito), sono stati ospiti.
Immagini: Zildjian .com, RollingStone.it
Bizarre but true; cymbals can be objects with a complex biography, like those of Zildjian, dated to the 17th century, and now one of the largest manufacturers in the world, that transforms them from an object of worship for musicians to an heirloom flavor of the East.
It is a story with whom rock ‘n’ roll has nothing to do and which begins in Turkey, in Constantinople, in the laboratory of an alchemist, Avedis, who, intent on creating gold, randomly obtained the alloys of copper, tin and a little silver, producing somet
Avedis, the alchemist became real “faber”, an artist who began to produce cymbals never seen before. He also created things well enough to be appreciated by the Sultan of Constantinople, Amurath IV.
The year was 1623, and Amurath, lover of music and the arts, wanted Avedis to live in his palace, by commissioning cymbals for his musicians, and gave him the nickname Zildjian.
The cymbals were involved in a “musical culture of the court” and refined orient, not
Zildjian in Armenian means, precisely, ‘th
After leaving the palace, Avedis opened his own business in Psamantia, a subur
When thinking of Zildjian, one can not help but think of the famous K Series, the object of desire of many drummers. Their creation was celebrated a few days ago, on November 20, in Rome at the Stazione Birra. It is called Zildjian Day, where end
Comments by Elisa Ricci